2006/L’oro di Giorgio Di Centa nella 50 km di sci di fondo chiude i Giochi di Torino 2006

Una storia al giorno
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L’impresa di Giorgio Di Centa, medaglia d’oro nella 50 chilometri di sci di fondo, ha chiuso l’Olimpiade invernale di Torino 2006. Il 26 febbraio a Pragelato, Giorgio Di Centa si è preso l’ultimo oro di un’Olimpiade bellissima, tornata in Italia dopo quella di Cortina 1956 che aveva aperto la strada ai Giochi di Roma di quattro anni dopo. Cinquanta chilometri nella neve morbida, spinte poderose di braccia, e alla fine una bimba che corre con un cartello: «Papi, sei stato bravissimo. Come un montagna!». Un oro straordinario, il primo individuale di un italiano dai tempi di Franco Nones a Grenoble 1968 nella 30 chilometri. E lui, Giorgio, è stato pronto alla battuta dopo il successo: «Ero uno sfigato, sono un campione olimpico».

Il fratello della campionessa, di Manuela che di medaglie olimpiche ne ha conquistate sette, si è riappropriato della sua identità. C’era chi attendeva Piller Crotter, chi gli svedesi o i russi o anche il francese Vittoz. Alla fine ecco Di Centa, l’atleta che in pochi - il suo allenatore Sepp Chenetti e lo skiman Franco Polvara - credevano potesse farcela. Ha cambiato tutto, Giorgio, ha cambiato una vita diventando re dopo mille piazzamenti e dopo attacchi di asma che lo hanno fatto ricoverare a Udine e Trieste quando era bambino. Si è riscattato dopo gare di Coppa del Mondo mai vinte e cadute pazzesche e, soprattutto, dopo i paragoni con la sorella Manuela.

Che a Torino lo ha premiato sul podio. Quella premiazione sarebbe spettata al presidente del Comitato internazionale olimpico, Jacques Rogge che un attimo prima ha chiamato Manuela, membro del Cio e vice presidente del nostro Comitato nazionale olimpico. «Vai tu, premia tuo fratello», gli ha detto Rogge con una sensibilità straordinaria. Un gesto speciale, degno di un campione.

A Torino, Giorgio Di Centa è diventato campione olimpico. A trentatré anni, dopo una vita da mediano, Giorgio si è trasformato in centravanti e ha segnato il gol che ha messe kappaò l’Olimpiade. Lo ha fatto con una gara di forza, con il coraggio dei grandi, con caparbietà. Non poteva fallire e lui, con il pettorale numero 10, ha centrato quel successo che cercava con ardore. «È stato tutto perfetto», ha sussurrato alla fine festeggiando con sua moglie Rita, con il papà Gaetano e le piccole Laura e Martina. Sul lungo rettilineo che portava al traguardo, Giorgio non sentiva il rumore degli sci degli avversari. «Lì, in quel tratto, di solito mi superato sempre», ha detto Di Centa che, a Pragelato, non è accaduto.

Ha studiato ogni particole, ha studiato le scarpe, i particolari, ha pensato ai tecnici con i quali ha pianto ricordando, in un rapido flash-back, le tante gare perse che non hanno reso felici loro per il grande lavoro svolto. Allo stadio di Torino, durante la premiazione, Giorgio si è quasi svegliato, ha capito quello che aveva realizzato e si è emozionato vedendo entrare il membro del Cio Manuela Di Centa con l’oro da mettere al collo del campione olimpico. E un attimo dopo, promosso da appuntato a brigadiere dei Carabinieri, Giorgio ha ricevuto la telefonata di Stefano Baldini che ad Atene 2004 ha vinto l’ultimo oro ed è stato premiato nello stadio Olimpico. «Hai visto? Mi è toccato fare come te - gli ha detto Di Centa - Noi vecchietti alla fine veniamo fuori».

Carlo Santi

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