1983, il Cio restituisce ai figli di Jim Thorpe gli ori olimpici vinti nel 1912

Una storia al giorno
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È il giorno della riabilitazione di Jim Thorpe. Wha-Tho-Huch “Sentiero Lucente”, il pellerossa al secolo Jim Thorpe, alle Olimpiadi di Stoccolma 1912 aveva vinto due medaglie d’oro nel pentathlon e nel decathlon. Il campione nato nel 1888 in un villaggio dell’Oklahoma con origini della tribù indiana Algonquin, uno dei più grandi campioni dell’atletica, dopo i successi olimpici a Stoccolma nei quali ha dominato battendo in maniera schiacciante i suoi avversari, è stato costretto a riconsegnare le medaglie perché accusato di professionismo. Pochi anni prima di quei successi, ottenuti a ventitré anni, Jim aveva giocato a baseball in una squadra della Carolina del Sud percependo uno stipendio (60 dollari al mese) che era allora misero, che gli era necessario per mantenere la famiglia.

Thorpe aveva un talento straordinario ed era conteso dai più prestigiosi college americani, eccelleva indistintamente nelle corse e nei salti, nel baseball, nel rugby e nel nuoto. Per le Olimpiadi di Stoccolma, Jim era stato selezionato tra i 140 atleti statunitensi in lizza e in Svezia ha dimostrato di essere un autentico campione.

A premiarlo, a Stoccolma, è stato il re Gustavo V di Svezia che lo h elogiato ammirando le sue doti. «Signore sono assolutamente ammirato. Lei è il più grande atleta del mondo», gli ha detto il re. E lui, a fatica, è riuscito a rispondere: «Thank you, King». Poco dopo, l’umiliazione: costretto alla riconsegna delle medaglie al Cio.

Dopo le Olimpiadi di Stoccolma, Thorpe, per vivere è divento un giocatore professionista di football americano ma non ha avuto troppa fortuna: al momento del ritiro era povero e ripensando a quanto accaduto nel 1912 è finito nella disperazione. Jim Thorpe è morto il 28 marzo del 1953.

Sono stati i suoi figli, negli anni seguenti, a intraprendere una coraggiosa causa per riammettere il nome del padre nelle classifiche olimpiche. Trent’anni dopo la sua morte, ecco la giustizia.

Il 18 gennaio 1983, a Los Angeles, il presidente del Comitato Internazionale Olimpico, Juan Antonio Samaranch, ha riabilitato Jim Thorpe riconoscendo che quella squalifica era stata frutto di un atto di discriminazione razziale nei suoi confronti e le medaglie sono state riconsegnate alla famiglia, con il figlio Jack a prenderle in consegna.

Figlio di madre con origini francesi mentre il padre era un meticcio di origine irlandese, Jim aveva un gemello che è morto all’età di otto anni per una polmonite. Quella morte lo ha segnato. È scappato dalla scuola in diverse occasioni e il padre lo ha mandato in un altro college indiano, in Kansas. Due anni dopo è morta la madre, e il nuovo lutto ha gettato Thorpe, che aveva appena 10 anni, in depressione. A riportarlo a una vita quasi normale, è stato lo sport.

Carlo Santi

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